| Guitto si toglie dai riflettori «Voglio solo la salvezza» Il centrocampista campano non cerca gloria personale dopo l’impresa di Varese «Conta il traguardo finale e io lotterò per raggiungerlo, in campo o da fuori» Si dice che il vino buono stia nelle botti piccole, ma di sicuro c’è che il talento – quello calcistico – può essere condensato. Basta pensare al giocatore più forte del mondo, Messi, o alle prodezze ormai settimanali di Giovinco. Gente che supera di poco il metro e sessanta. E 164 centimetri – da almanacco – è anche Roberto Guitto, il piccolo grande uomo del centrocampo azzurro. Già, perché lui gioca solo quando il reparto è in emergenza, eppure è sempre fra i migliori. Un destino strano, quello del regista campano, che però si dimostra un gigante che di frontea questa vicenda. «Il fatto è – spiega Guitto – che io cerco sempre di dare il massimo durante la settimana. Poi le scelte spettano ai tecnici anche se, chiaramente, vorrei giocare sempre». Quindi ha raccolto l’appello di Aglietti che, dal giorno del suo ritorno, ha sempre detto che c’è bisogno di tutti. «Il mister ci ha spronato e ci sprona tutti i giorni. La sua carica, la sua voglia di rivincita, è diventata la nostra e ora speriamo di raccogliere i frutti del lavoro quotidiano». Il primo è arrivato a Varese. «Anche prima. Con Padova, Livorno e Sampdoria abbiamo raccolto solo due punti, ma le prestazioni erano stato buone. Quella di Varese forse è stata ottima e siamo riusciti a battere meritatamente una squadra lanciata verso i playoff». Eppure c’è stato anche il rischio finale, con quel rigore a 11minuti dalla fine. «Rigore che non c’era. Quando l’ha fischiato non volevo crederci, perché già l’1-0 per noi era stretto. Meno male che ci ha pensato Dossena». Che lei, a fine gara, ha abbracciato a lungo. «Per due motivi: il primo è che ha salvato il risultato, il secondo è che Renato ha avuto poche possibilità di mettersi in mostra ma si è sempre allenato benissimo. E sono molto felice per lui». Sembra un po’ la sua storia. «Forse sì, ma alla fine quel che conta è farsi trovare pronti quandone hai l’occasione». Come accaduto a Varese. «Mi sono trovato bene. Vicino avevo gente di gamba come Buscé e Zé Eduardo e il loro aiuto è stato fondamentale». Però non era facile tornare titolare in un momento così. «Se ti alleni bene poi è più semplice. E comunque l’esperienza di Ravenna, nella scorsa stagione, è stata importante anche in questo senso». Ma ora, col ritorno di Moro e Coppola, lei cosa si aspetta? «Mi aspetto di fare punti, mi aspetto la salvezza. Ad oggi l’obiettivo di tutti non può che essere questo. Le situazioni personali, quando insegui un traguardo così, fatalmente passano in secondo piano. Non è importante chi gioca, cioé, ma è importante farcela tutti insieme. E io lotterò per riuscirci. O sul campo o cercando di dare il mio contributo da fuori». È più vicina, oggi, questa salvezza? «È lì, alla nostra portata, come lo era prima di Varese. Il mister, giustamente, dice che non abbiamo ancora fatto niente, così come non sarebbe stato un dramma se non avessimo vinto. Quel che conta, ora, è continuare sulla strada che abbiamo imboccato. Cioé continuare a lavorare duramente tutti i giorni e a offrire buone prestazione al sabato ». il tirreno
|