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Quando a metà degli anni 80 è arrivato a Verona, sponda Chievo, Giovanni Sartori ha scelto di andare a vivere a Sirmione, sul lago di Garda. Posto incantevole, che infatti da allora non ha mai lasciato: quando ha chiuso la sua carriera da calciatore (ha vinto anche uno scudetto con il Milan) è comunque rimasto in gialloblù. E se da attaccante ha indossato più di una maglia, comprese quelle di Udinese, Sampdoria, Cavese, Arezzo e Ternana, da dirigente è diventato l’uomo simbolo del Chievo dei miracoli. «Se sono rimasto qui tanti anni è perché da dirigente ho trovato quello che non avevo trovato da calciatore, è il sintomo che al Chievo sto veramente bene», spiega.
Nato a Lodi il 31 marzo 1957, vive a Sirmione con sua moglie, la signora Miriam, e i due figli, Niccolò e Tommaso. Tra il campo e la scrivania c’è di mezzo una parentesi in panchina, come vice allenatore. Al Chievo, ovvio. Poi nel 1992 assume la carica di direttore sportivo: con il presidente Campedelli costruisce il miracolo Chievo, portando una squadra di quartiere dalla Serie C fino alla Serie A e, addirittura, ai preliminari di Champions. Amauri, Perrotta e Le Grettaglie, racconta, le intuizioni di mercato a cui è più legato. Le big continuano a guardare in casa Chievo.
Fonte: E.Intorcia, A.Ramazzotti e F.M.Splendore - Corriere dello Sport