"Era come avere 2 giocatori in tutti i ruoli quando c'era Di Stefano. Ma in porta non era un granché"
Alfredo Di Stefano nasce a Buenos Aires il 4 luglio 1926. Figlio di emigranti italiani, come si nota chiaramente dal nome e ancor più dal cognome, non ha tuttavia mai assunto la cittadinanza italiana, pur assumendone poi, oltre a quella argentina, quella colombiana e quella spagnola. Dotato fin da ragazzino di grandissima velocità, inizia a giocare appena dodicenne nei Los Cardales, una formazione dilettantistica argentina. Tre anni più tardi, a notarlo è il River Plate, che lo tessera per la formazione giovanile e solo un anno dopo il ragazo è già in prima squadra, ma i biancorossi hanno un attacco fenomenale e Di Stefano non riesce a trovare spazio. Viene così prestato all'Huracan, dove mette a segno 50 reti in 66 partite e realizza anche la rete più veloce della storia del campionato argentino: in soli 15 secondi, per ironia proprio contro il River Plate. I "rojiblancos" capiscono e vedono bene, nel '47, di richiamarlo alla base e con il River Di Stefano conquista campionato e titolo di capocannoniere. A coronare la stagione arriva la convocazione nella nazionale argentina e la conseguente vittoria della Coppa America, di cui è ancora il capocannoniere con 6 reti. L'anno successivo uno sciopero dei calciatori ferma il campionato argentino: per aggirare il divieto di giocare (e per non essere bollati come crumiri) molti calciatori argentini si trasferiscono in Colombia e così fa anche Di Stefano, che finisce ai Millionarios di Bogotà. Qui la sua stella splende in maniera eccezionale: 267 reti in 292 partite, quattro scudetti su cinque campionati e anche 4 convocazioni in nazionale colombiana. Nel 1953 parte per una tournée in Europa e, in Spagna, affronta il Real Madrid. Il leggendario presidente madridista Santiago Bernabeu decide di acquistarlo e lo prende dai Millionarios per 70mila dollari, una cifra che per l'epoca era spaventosamente elevata. Il suo passaggio ai galacticos, tuttavia, è segnato da una controversia: su di lui, infatti, c'è il Barcellona, ma il generale Francisco Franco interviene e dice che il campione argentino giocherà a turno un anno col Real e uno con i blaugrana. Questi ultimi, indignati, si ritirano e Bernabeu può così completare il suo acquisto. Attorno a Di Stefano, via via, prende corpo una squadra micidiale, che tuttavia ha in lui il suo centro: l'argentino è la sintesi del calcio: velocissimo (tanto da guadagnarsi il soprannome di Saeta Rubia, Freccia Bionda), dotato di una tecnica eccelsa e, soprattutto, di un senso del gol che pochi avranno. Non a caso, con le sue 900 e passa reti in carriera, Di Stefano è il quarto marcatore di ogni tempo. Con il Real Madrid l'argentino vince praticamente di tutto: 8 campionati spagnoli, una Coppa Intercontinentale e le prime 5 edizioni della Coppa dei Campioni, in cui andò sempre a segno nelle rispettive finali. Di Stefano, leader indiscusso delle merengues, vincerà due Palloni d'Oro (1957 e 1959) e si guadagnerà anche la convocazione nella nazionale spagnola di Helenio Herrera, anche se non potrà giocare il Mondiale in Cile del '62 per un infortunio. Due anni dopo, successivamente all'ennesima finale di Coppa dei Campioni, stavolta però persa contro l'Inter sempre di Herrera, Di Stefano lascia il Real e gioca due stagioni nell'Espanyol di Barcellona prima di ritirarsi. Rimane però nel mondo del calcio come allenatore e nel 1970 vince con il Boca Juniors un campionato argentino. Poi va in Portogallo dove allena lo Sporting di Lisbona nella stagione 1974-75, quindi ritorna in Argentina dove vince un altro titolo, ma stavolta con il River Plate e poi si siede sulla panchina del Valencia, dove riporta lo scudetto dopo 24 anni. Le sue due ultime brevi apparizioni sono state al Real Madrid per due spezzoni di stagione nel 1983 e nel 1991. In seguito è divenuto presidente onorario del club spagnolo. Ha recentemente rischiato la vita per un grave infarto, che di certo non è stato facilitato dalla sua età veneranda, ma si è ripreso bene ed è tornato al suo posto, ultimo simbolo del calcio degli anni '50, quello che può essere definito il primo, vero, grande calcio.
Fonte: http://www.new-dimension-software.com/news...-di-stefano.phpRiporto un episodio non citato in questa biografia, un episodio sufficiente per comprendere la grandezza di questo fuoriclasse:
Giocando in Colombia con il Millionarios, scagliò un tiro potentissimo dai 30 metri colpendo la traversa. Il tiro fu talmente potente che innescò un avversario in contropiede, Di Stefano lo inseguì, recuperò palla e si lanciò come un treno in attacco, chiese il triangolo ad un compagno ed infilò il portiere avversario. Pedernera, un grande del suo tempo e suo compagno nel Millionarios, gli si avvicinò e gli disse: "
Alfredo, questo gioco ci dà da mangiare, cerca di non ridicolizzarlo."