Manuel Fischnaller

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JoshuaMiles
CAT_IMG Posted on 29/2/2012, 10:42 by: JoshuaMiles     +1   -1




FISCHNALLER, 'GOLDEN BOY' DEL SUDTIROL
Intervista all'attaccante con passato juventino

28/02/12
E’ il "gioiellino" non solo della formazione di mister Stroppa, ma anche della Nazionale U-20. E’ finito nel mirino di società di serie A e B, ma l’FC Südtirol per questa stagione se lo tiene stretto. Vi raccontiamo la storia di Manuel Fischnaller, attaccante passato anche dalla Juventus, dagli inizi ai giorni nostri. La storia di un "predestinato".

Manuel,il calcio nazionale si è accorto di te, per le prodezze con la tua squadra di club e con la Nazionale Under 20. Ma riavvolgiamo il nastro e spieghiamo come è nato il Manuel Fischnaller calciatore…
"E' nato, si può dire, quasi per caso. Perché la passione per il calcio l’ho ereditata da mio fratello Hannes, di un anno più grande. Avevo quattro anni e mezzo, quando sono andato a seguire un allenamento di mio fratello con i Primi Calci del Neugries. Giocavano nella palestra della scuola media “Albert Schweitzer”, a Bolzano. La prima volta non mi ero entusiasmato più di tanto. Poi però ci sono tornato, ed un giorno l’allenatore del Neugries – notandomi in tribuna - mi ha chiesto se volevo provare a giocare anch’io. Da quel momento in poi, ho sempre avuto un pallone fra i piedi".

Però in famiglia c’è anche papà Alfred che ha giocato a calcio…
"E’ vero, è stato un buon attaccante in Prima e Seconda Categoria, col Luson, la squadra del paese in cui è nato. Mi raccontano che voleva sempre il numero 10 e la fascia di capitano… Però papà non mi ha mai spinto a giocare a calcio. Mi ha lasciato libero di scegliere lo sport che preferivo”.

In una famiglia di sportivi, c’è anche mamma Waltraud Mattedi, ancora oggi in attività nell’atletica e primatista provinciale nel 1986 del lancio del giavellotto…
“Ma non solo. E’ stata anche una validissima atleta nel pentathlon, e ancora adesso continua a gareggiare. Fa la mezza maratona, è tornata a cimentarsi nel lancio del giavellotto e nel lancio del disco. Categoria “over”, ovviamente…”.

Mamma, magari, avrebbe preferito che fossi diventato un campione di atletica leggera…
“No, anche lei mi ha lasciato libero di scegliere da bambino lo sport che preferivo. Però l’atletica l’ho fatta: sono stato campione provinciale nei 100 metri ostacoli. Ricordo ancora la finale: sono caduto sull’ultimo ostacolo, ma ciononostante ho vinto lo stesso…”.

Insomma, correvi già fortissimo allora…
“E non poteva essere altrimenti, visto che mamma mi portava con sé praticamente ogni giorno quando andava a correre per allenarsi. Non so nemmeno io quanti chilometri ho fatto di corsa. Sicuramente tanti, visto che mamma non si fermava mai…”.

Ecco dove sono nate la tua facilità di corsa e la tua velocità…
“Sicuramente. Ma fare atletica mi è servito anche per la coordinazione e l’agilità”.

Quindi, da bambino, facevi atletica e giocavi a calcio contemporaneamente.
“Sì, fino a 11-12 anni. Poi quando sono passato nel settore giovanile dell’FC Südtirol mi sono dedicato solo al calcio”.

I tuoi inizi sono però stati nell’FC Neugries.
“Sì, ed era come essere a casa. Nei Pulcini ho giocato in squadra con mio fratello Hannes, papà Alfred invece era l’allenatore e mamma Waltraud il nostro preparatore atletico. Ho ricordi bellissimi”.

Il tuo ruolo è stato da subito attaccante?
“Sì, e non nascondo che avevo già un certo fiuto del gol. Col Neugries, sia nei Pulcini che negli Esordienti, facevamo due campionati: quello Vss e quello della Figc. I conti non li ho mai tenuti, ma non segnavo mai meno di una cinquantina di gol a stagione”.

Poi è arrivata la chiamata dell’FC Südtirol…
“La mia trafila delle giovanili è partita dalla formazione Giovanissimi Regionali e si è conclusa nella Berretti”.

A 17 anni la chiamata in prima squadra…
“Sì, mi ha voluto mister D’Angelo. In quel campionato di Seconda Divisione, stagione 2008/2009, ho fatto 31 presenze e 4 gol. Peccato solo per l’infortunio che mi ha impedito di giocare il finale di stagione. Ma fortunatamente la squadra si è salvata lo stesso, ai playout”.

Dopo quel campionato tutto sembrava così bello e così facile. Ed invece sono iniziate le prime difficoltà…
“E’ vero, la stagione dopo non è iniziata come quella precedente. Ho faticato a trovare spazio in squadra e mi sono un po’ demoralizzato”.

A gennaio 2010, però, è arrivato il prestito alla Juventus di Torino.
“Un’esperienza che è durata solo mezza stagione, ma che è comunque stata fantastica. Ho giocato nella formazione Primavera, dove i miei compagni d’attacco erano Immobile, Yago e Esposito, ho segnato tre gol nel torneo di Viareggio che abbiamo vinto e in due-tre occasioni mi sono allenato con la prima squadra”.

Che ricordi hai di Del Piero e compagni?
“Non dimenticherò mai la prima volta in cui mi sono allenato con la prima squadra. La mattina ricevo una telefonata da mister Ferrara, che al tempo allenava la Juve, il quale mi dice che Del Piero è bloccato dall’influenza e che devo sostituirlo io in allenamento. Una chiamata dell’ultimo momento. Infatti quando sono arrivato al centro sportivo di Vinovo, la squadra era già radunata a centrocampo. I 40 metri di campo che ho fatto per raggiungerli, me li ricordo ancora. Mi tremavano le gambe e l’imbarazzo è cresciuto quando mister Ferrara mi ha presentato a tutti quei campioni che prima di allora avevo visto solo in televisione. Fortuna che a me si sono subito avvicinati Chiellini e Manninger, col quale sono diventato amico, visto che potevo parlare in tedesco con lui. I calciatori che mi hanno più impressionato della Juve? Del Piero per come batteva le punizioni. Sono rimasto a guardarlo, a fine allenamento, mentre si esercitava, e non ne sbagliava una. Ma anche il brasiliano Diego aveva una tecnica sopraffina”.

La tua esperienza alla Juve è durata solo sei mesi. Ma adesso saranno loro a rimpiangere di non averti fatto un contratto.
“Questo non lo so. L’unico rimpianto che ho io è che alla Juve mi aveva voluto il direttore sportivo Alessio Secco. Ma a fine stagione non è stato riconfermato e al suo posto sono arrivati Marotta e Paratici, che hanno cambiato tutte le strategie, anche del settore giovanile. Non mi conoscevano, e per questo – probabilmente - mi hanno fatto tornare all’FC Südtirol”.

FC Südtirol che, mentre tu eri a Torino, aveva vinto il campionato ed era stato promosso in Prima Divisione.
“Infatti sono ripartito con grande entusiasmo e motivazioni. Avevo iniziato bene, giocando e segnando contro lo Spezia. Poi un infortunio, ma una volta ristabilito ho giocato poco. Un giovane ha bisogno di sentire fiducia attorno a sé. In quel momento, forse anche per colpa mia, è venuta a mancare. Sono stati mesi difficili, dai quali sono uscito con l’arrivo di mister Pellegrino che mi ha messo subito al centro del suo progetto tecnico e per poco non ci siamo salvati, anche grazie ai miei gol”.

Pure mister Stroppa ha subito creduto in te.
“Grande allenatore e grande persona, di quelle che ti dicono in faccia quello che pensano. Mi trovo benissimo con lui”.

E in questa stagione hai pure riconquistato la Nazionale Under 20. “Altra grandissima soddisfazione. Per me è un onore giocare per l’Italia. Il mio primo gol in “azzurro” col Ghana mi ha regalato emozioni fortissime, ma mai come la partita giocata con l’U-21 di Lega Pro contro la Palestina. E non tanto per la partita, ma per quello che ha rappresentato quell’evento. Due mondi opposti si sono incontrati, ma passando del tempo coi ragazzi palestinesi - nella nostra visita al Vaticano, nella cerimonia di benvenuto ad Assisi e nella cena dopo la gara dove abbiamo suonato e cantato tutti assieme - mi sono accorto che siamo molto vicini, pur nella differenza delle due culture. Un’esperienza indimenticabile”.

Mezza serie A e tutta la serie B ti inseguono, sei sempre sui giornali, spesso in televisione e sei un calciatore sulla bocca di tutti. Anche Lippi e Sacchi hanno speso belle parole per te. Quant’è cambiata la tua vita?
“E’ cambiata solo perché ho tanti impegni sportivi in più grazie alla Nazionale e perché mi sento un calciatore importante per il mio club. Tutto il resto mi fa un grande piacere, ma gli do il giusto peso. Perché, a 20 anni, ho ancora molta strada da fare prima di credere che il calcio possa davvero diventare la mia professione e perché voglio solo pensare all’FC Südtirol e a questa stagione, che sarà quella del riscatto rispetto allo scorso campionato”.

fonte: http://www.sportmediaset.mediaset.it/calci...-sudtirol.shtml
 
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